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Cinquant'anni fa perdeva la vita Sergio Ancona
Il 27 maggio del 1970, a soli 13 anni, morì in un tragico incidente stradale, alle porte di Pezze di Greco, nel corso di una gara di ciclismo dei Giochi della Gioventù.
Fasano – Giovedì 27 maggio 1970: una data funesta per lo Sport di Fasano. Sergio Ancona, durante la prova ciclistica dei Giochi della Gioventù, staccò per sempre il gruppo, volando verso un traguardo che stava molto più in alto: il traguardo dei grandi, degli eroi, di coloro che non verranno mai dimenticati.
La sua corsa, quel giorno, fu arrestata da un camion sulla SS 16, all'uscita di Pezze di Greco, all'altezza dell'attuale carrozzeria Montanaro.
Una disgrazia fatale. La notizia dell'incidente si diffuse immediatamente in città; tutti ne rimasero sconcertati. Un bambino di soli tredici anni, Sergio Ancona, era il beniamino degli sportivi di Fasano e il modellò per i suoi numerosi compagni.
Sergio frequentava con profitto la seconda classe della scuola media e nel tempo libero si dedicava ai suoi sport preferiti: il ciclismo e il calcio.
La bicicletta da corsa, però, era la sua passione: voleva diventare un campione del pedale. E lo è diventato! Sergio Ancona, infatti, non è scomparso; il suo nome è rimasto scolpito a lettere indelebili nell'album d'oro dei veri Campioni.
La Città di Fasano volle onorare la memoria di questo piccolo ciclista, intitolandogli il nuovo campo sportivo di Pezze di Greco.
Sergio sognava di fare il chirurgo
Ai compagni più vicini, all'insegnante di italiano, la signora Murri (alla quale era particolarmente affezionato) e all'insegnante di religione don Carmelo Carparelli, parlava volentieri delle sue aspirazioni, delle sue impressioni, del padre, della madre, dello zio Vito; ma era soprattutto nei componimenti di italiano che «parlava» a cuore aperto, sbrigliando anche la fantasia.
Per onorarne la sua memoria, a cinquant'anni dalla sua scomparsa, riportiamo due suoi temi, che ne tracciano la sua personalità. Nel primo parlava del padre e ne raccontava la storia, da mozzo di bordo a minatore in Belgio e nel secondo, fu proprio l'ultimo tema, sognava di essere diventato un grande chirurgo.
«Il mio papà, sempre coraggioso ed onesto, ha fatto diversi mestieri e tutti pericolosi (…) In Belgio, il mio papà, si fece
ben presto apprezzare ed ebbe grandi responsabilità sul lavoro. Gli vennero affidati 20 operai. Amava il suo lavoro, fino a che non gli occorse un incidente. Tornò allora in Italia. Si sposò. Ma il bisogno lo costrinse a tornare in Belgio. Questa volta però quel lavoro non lo entusiasmava. Ebbe ancora un altro incidente: fu colpito violentemente alla testa da un sasso mentre lavorava. Ma la direzione della società per la quale lavorava non volle saperne. Da allora ha subìto tante ingiustizie e, soprattutto, le conseguenze di quella disgrazia che attualmente lo costringe, lontano dalla famiglia, in una casa di cura. (…) A me dice sempre di studiare con impegno – scrive ancora – in modo che possa, un domani, trovare un impiego senza pericoli. Non vuole che io incorra nelle sue stesse disavventure».
Sognava di diventare un chirurgo famoso: così come scrisse nell'ultimo tema in classe che integralmente riportiamo.
«Noi ragazzi, per mezzo della scuola, diventiamo onesti cittadini e, con il nostro lavoro in classe, potremo servire domani la patria. Credo che continuerò gli studi per prendere un diploma, ma un diploma che possa essermi utile. Da grande desidero fare il chirurgo come Barnard, e desidero fare le stesse cose per salvare persone che muoiono ogni giorno, e soprattutto guarire i bambini.
Mentre sto in classe fantastico. sul mio futuro lavoro: “Risiedo in un grande ospedale chiamato Coralba”. Un giorno mentre stavo all'opera, sento arrivare una macchina, giunge l'infermiera e mi dice che si tratta di una cosa di vita o di morte . Vorrei andare giù, ma il mio paziente me lo impedisce; lo faccio medicare. Uscii e solo in quel momento mi accorsi che era un console russo, che si era scontrato con un camion durante un sorpasso. Toccava fare il trapianto. Cominciai alle dieci del mattino e finii alle diciassette. Tutto andò nel migliore dei modi e, a sera, poté comunicare ai familiari il felice esito dell'intervento. Da quel giorno si propagò la fama della mia capacità. Il console per gratitudine fece ingrandire l'ospedale che divenne il più grande del mondo. Ebbi il premio Nobel e da tutti fui chiamato il miglior chirurgo. Io mi sentivo estasiato per ciò che vedevo. Ma questo accadde perché avevo salvato il più adorato console d'Europa”. Io spero che questo sogno si avveri. Intanto io continuo a studiare lietamente».
Nelle foto:
Una inquadratura dei funerali ai quali partecipò, commossa, tutta la cittadinanza fasanese. In primo piano la bandiera della scuola ed il lenzuolo olimpico listato a lutto. Piccoli atleti sorreggevano la bara, sulla quale era adagiata la casacca azzurra. Seguivano il feretro, i parenti, le autorità e una folla incontenibile.
Sergio festeggiato dagli amici a conclusione di una corsa da lui vinta.
Sergio in testa al gruppo durante una fase dei Giochi della Gioventù.
Due gruppi di giovani ciclisti con Sergio Ancona in corso Vittorio Emanuele, davanti all'ex fotografo Amati, di fronte al Bar dello zio Vito.
di Redazione
27/05/2020 alle 05:00:38
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